Quattro ultrasettantenni inglesi si ritrovano insieme sul palco dopo non so quanto tempo per confezionare un evento speciale, all'insegna di una pienissima libertà, come erano abituati a fare negli anni '70.
Ma andiamo con ordine...
Si inizia con John Greaves che apre le danze proponendo con piano e voce God Song di Robert Wyatt. Poi invita a raggiungerlo sul palco Annie Barbazza ed insieme eseguono una serie di canzoni, la maggior parte delle quali in omaggio a Peter Blegvad, con menzione speciale per Kew Rhone e How beautiful you are.
Chiusa questa prima mezz'ora (un "aperitif", come lo ha definito Greaves) inizia il concerto di quelli che una volta erano gli Henry Cow e che oggi si presentano come Henry Now... E come accennavamo è libertà totale. I quattro sperimentano come ai vecchi tempi, ma il fluire di note e suoni appare naturale e non forzato, a dimostrazione di un'intesa ancora totale dopo tanti anni. Bastano pochissimi cenni, pochissimi sguardi e si capiscono alla perfezione. Chris Cutler guida ritmicamente col suo personalissimo stile. Fred Frith suona la chitarra con le mani, ma anche con altri oggetti particolari, ottenendo effetti di tutti i tipi. Tim Hodgkinson fa strane cose col clarinetto e con marchingegni elettronici. E John Greaves al basso sembra il più normale di tutti, ma poi lo vedi suonare o lo senti declamare versi curiosi e tanto normale non è nemmeno lui. Ma scherzi a parte è davvero impressionante il modo in cui le improvvisazioni proposte coinvolgono e catturano. Non è uno di quei casi in cui i musicisti sembrano andare ognuno per i fatti loro creando un caos totalmente disordinato. Qui gli Henry Now sono in piena sintonia, volano alti e volano insieme tra pieni ossessivi, stravaganze varie e momenti di calma apparente. Vola anche una prima mezz'ora senza neanche che ce ne accorgessimo. E subito un altro quarto d'ora in cui i musicisti fanno di tutto e di più. Escono per un attimo, ma il pubblico li acclama a gran voce e parte il bis con un'altra improvvisazione con Frith che stavolta è impegnato con un violino stridente, che contribuisce a creare un'atmosfera straniante. Torna sul palco anche la Barbazza e gli Henry Now suonano gli Slapp Happy per festeggiare il compleanno di Max Marchini. Per poi arrivare al gran finale con la wyattiana ed emozionante Little Red Riding Hood Hits the Road. Ed è apoteosi. È un finale perfetto di un gruppo senza confini e di una serata da ricordare. RIO? Boh. Prog? Mah, probabilmente sì, inteso come nell'Aprile-Meyer. Free jazz? Macché. Henry Now. Semplicemente... Un evento! E la standing ovation finale del pubblico dice tutto!
Ma andiamo con ordine...
Si inizia con John Greaves che apre le danze proponendo con piano e voce God Song di Robert Wyatt. Poi invita a raggiungerlo sul palco Annie Barbazza ed insieme eseguono una serie di canzoni, la maggior parte delle quali in omaggio a Peter Blegvad, con menzione speciale per Kew Rhone e How beautiful you are.
Chiusa questa prima mezz'ora (un "aperitif", come lo ha definito Greaves) inizia il concerto di quelli che una volta erano gli Henry Cow e che oggi si presentano come Henry Now... E come accennavamo è libertà totale. I quattro sperimentano come ai vecchi tempi, ma il fluire di note e suoni appare naturale e non forzato, a dimostrazione di un'intesa ancora totale dopo tanti anni. Bastano pochissimi cenni, pochissimi sguardi e si capiscono alla perfezione. Chris Cutler guida ritmicamente col suo personalissimo stile. Fred Frith suona la chitarra con le mani, ma anche con altri oggetti particolari, ottenendo effetti di tutti i tipi. Tim Hodgkinson fa strane cose col clarinetto e con marchingegni elettronici. E John Greaves al basso sembra il più normale di tutti, ma poi lo vedi suonare o lo senti declamare versi curiosi e tanto normale non è nemmeno lui. Ma scherzi a parte è davvero impressionante il modo in cui le improvvisazioni proposte coinvolgono e catturano. Non è uno di quei casi in cui i musicisti sembrano andare ognuno per i fatti loro creando un caos totalmente disordinato. Qui gli Henry Now sono in piena sintonia, volano alti e volano insieme tra pieni ossessivi, stravaganze varie e momenti di calma apparente. Vola anche una prima mezz'ora senza neanche che ce ne accorgessimo. E subito un altro quarto d'ora in cui i musicisti fanno di tutto e di più. Escono per un attimo, ma il pubblico li acclama a gran voce e parte il bis con un'altra improvvisazione con Frith che stavolta è impegnato con un violino stridente, che contribuisce a creare un'atmosfera straniante. Torna sul palco anche la Barbazza e gli Henry Now suonano gli Slapp Happy per festeggiare il compleanno di Max Marchini. Per poi arrivare al gran finale con la wyattiana ed emozionante Little Red Riding Hood Hits the Road. Ed è apoteosi. È un finale perfetto di un gruppo senza confini e di una serata da ricordare. RIO? Boh. Prog? Mah, probabilmente sì, inteso come nell'Aprile-Meyer. Free jazz? Macché. Henry Now. Semplicemente... Un evento! E la standing ovation finale del pubblico dice tutto!