Premessa: non sono mai stato un fan estremo degli Yes. Ritengo abbiano fatto due soli album davvero splendidi (Close e Going) e, ad ogni modo, ignoro totalmente la loro discografia post-Drama.
Premessa due: non sono mai stato un fan di Stolt. Penso abbia fatto due ottimi dischi con i Kaipa mentre ho trovato davvero inutili i suoi album con i Fiori e i Transatlantici, talvolta addirittura irritanti.
Date le premesse, verrebbe da chiedersi perché mai abbia deciso di approcciare quest'album, ormai già vecchio di cinque anni. Le vie del prog sono davvero infinite
Beh, per me è stata una vera sorpresa, e mi ritrovo da giorni ad ascoltare questo disco continuativamente in macchina senza mai premere il tasto Skip. Certo, è un citazionismo ininterrotto, dai suoni della natura che rimandano a Close to the edge, ai suoni liturgici dell'organo che omaggia Awaken, suoni di sitar lontani ed armonie che occhieggiano ora a Gates of delirium, ora a Topographic oceans. Il misticismo è ovunque, a partire dai consueti testi spirituali di Anderson.
Poco spazio per le escursioni strumentali (e, considerate le mie riserve su Stolt, per me è un pregio) e grande spazio per la voce di Anderson, secondo me davvero in gran forma. Stolt, tutto sommato, non primeggia e fa un lavoro da gregario; pur diverso dallo stile di Howe, in certi momenti sembra imitarlo intenzionalmente.
La suite Invention of Knowledge secondo me è un vero gioiellino: venti minuti che passano agevolmente, senza pesare alle mie orecchie. Ma anche gli altri tre brani sono dignitosissimi.
Chi di voi l'ha ascoltato? Vostre impressioni?
Premessa due: non sono mai stato un fan di Stolt. Penso abbia fatto due ottimi dischi con i Kaipa mentre ho trovato davvero inutili i suoi album con i Fiori e i Transatlantici, talvolta addirittura irritanti.
Date le premesse, verrebbe da chiedersi perché mai abbia deciso di approcciare quest'album, ormai già vecchio di cinque anni. Le vie del prog sono davvero infinite
Beh, per me è stata una vera sorpresa, e mi ritrovo da giorni ad ascoltare questo disco continuativamente in macchina senza mai premere il tasto Skip. Certo, è un citazionismo ininterrotto, dai suoni della natura che rimandano a Close to the edge, ai suoni liturgici dell'organo che omaggia Awaken, suoni di sitar lontani ed armonie che occhieggiano ora a Gates of delirium, ora a Topographic oceans. Il misticismo è ovunque, a partire dai consueti testi spirituali di Anderson.
Poco spazio per le escursioni strumentali (e, considerate le mie riserve su Stolt, per me è un pregio) e grande spazio per la voce di Anderson, secondo me davvero in gran forma. Stolt, tutto sommato, non primeggia e fa un lavoro da gregario; pur diverso dallo stile di Howe, in certi momenti sembra imitarlo intenzionalmente.
La suite Invention of Knowledge secondo me è un vero gioiellino: venti minuti che passano agevolmente, senza pesare alle mie orecchie. Ma anche gli altri tre brani sono dignitosissimi.
Chi di voi l'ha ascoltato? Vostre impressioni?